Progetto Editoriale
Committente: Comunicazione Italia.
Progetto: Un settimanale cartaceo di attualità sullo stile dei tabloid anglosassoni.

 

La settimana Pazza 1In Italia il mondo dell’informazione cartacea si sviluppa sostanzialmente su due binari ben definiti: da una parte i quotidiani su carta di uso comune e dall’altra i periodici su carta patinata. Non ci sono vie di mezzo, a cambiare è la grafica, i contenuti o le dimensioni (solo leggermente, questione di millimetri). Anche in edicola il posizionamento è definito: i quotidiani stanno tutti insieme da una parte e i periodi a coprire tutti gli altri spazi. Certo, ci sono delle eccezioni come i giornali di annunci, qualche testata locale o di settore (tipo i Lotto), ma l’attualità è sviluppata in queste due modalità.
All’estero è diverso ed è più facile trovare periodici con formati da quotidiano o quotidiani con il formato dei periodici. Soprattutto nel mondo anglosassone, dove il modello tabloid esiste da decenni.
Questa è stata la sfida che Comunicazione Italia ha voluto lanciare in Italia realizzando dei settimanali secondo il modo di fare informazione britannico, a cominciare dal formato (seppur leggemente più piccolo del formato tabloid classico o del berlinese: 370×290), carta, grafica e impostazione da quotidiano. Solo che è un settimanale.

 

Sviluppo del progetto “LA SETTIMANA PAZZA”
Tutto è iniziato dalla proposta dell’editore di un settimanale con queste caratteristiche che riguardasse un po’ tutti gli argomenti, dalla cronaca nera alla politica, dalla salute alle notizie esagerate da “Cronaca Vera”, un settimanale “pazzo” appunto, che potesse informare, ma anche far giocare, ridere, arrabbiare e dare spunti di riflessione.
A quel punto ho iniziato a studiare i tabloid britannici in modo più approfondito di quanto fatto in passato visto che mi sono sempre occupato di riviste patinate o di siti internet, cercando di carpirne il linguaggio, la scelta dei contenuti, i layout e la filosofia alla base. 
Con queste informazioni ho realizzato i primi layout con la selezione delle font, dei colori, del posizionamento.
Ho dunque realizzato una prima bozza che mescolava vari argomenti, dalla cronaca nera al gossip, dallo sport ai giochi, dalla politica ai palinsesti tv, e così via. In questa prima bozza erano molto presenti soprattutto il gossip e la cronaca nera, c’era poco sport e poca politica. Anche il titolo principale era legato al gossip.
L’editore ha voluto cambiare l’ordine mescolando gli argomenti senza dare loro un ordine preciso e quindi di trovare al suo interno, ad esempio, una sequenza tipo: gossip, politica, cronaca, gossip, sport, gossip, cronaca, tecnologia, salute, gossip. E così via. In particolare l’editore ha chiesto di aumentare ancora di più la parte di spettacolo e di inserire barzellette, giochi, vignette e altro. 
Ho realizzato una seconda bozza seguendo queste indicazioni, ma anche questa non superava i test di gradimento perché gli argomenti alla rinfusa causava confusione e sembrava non avere una linea.
Ci sono stati diversi tentativi prima di arrivare a una linea.

 

La struttura della rivista
Le bozze avevano tutte un problema. I lettori italiani sono abitudinari e hanno bisogno di seguire una organizzazione ordinata quando sfogliano un giornale. Ad esempio:
  • Quotidiani. Quasi sempre usano la linea: Politica-Cronaca nera-Informazione varia (letture, tecnologia, salute)-Spettacolo-Sport-Tv
  • Periodici. Quasi sempre usano la linea: Rubriche di lettere/opinionisti-Articoli-Rubriche varie-Altri argomenti-Spettacoli tv. Ovviamente dipende dal tipo di periodico, se si tratta di un femminile o di un maschile, ma di solito usano questa linea con la variante di mettere le lettere/opinioni alla fine o a ridosso di “Rubriche varie”.

L’idea originale dell’editore era di mescolare tutti gli argomenti ma ho suggerito di tornare alle origini e di rivedere questa idea cercando un ordine più corretto. Quindi si sono selezionate le tematiche da inserire e si è scelto questo ordine definitivo per “LA SETTIMANA PAZZA”: Politica-Economia-Fede-Spettacoli-Giochi-Cronaca nera-Cronaca bianca-Salute-Tecnologia-Lotto-Sport-Notizie curiose.

In questo modo ha superato i test, la rivista è sembrata più conforme, equilibrata nei temi e interessante.

 

La linea editoriale: quali contenuti? E come presentarli?
La settimana Pazza 2Scelta l’organizzazione, andava deciso cosa scrivere e come presentare gli articoli. La domanda base è quella che mi pongo ogni volta che lavoro a un progetto editoriale: cosa vuole leggere il lettore?
Faccio questo lavoro da più di 25 anni e ho realizzato riviste per bambini, per teenager maschi e femmine, per adulti (soft e hardcore), per donne di ogni età, per uomini più o meno giovani, per fedeli religiosi, biografie storiche, per gli amanti dello sport o dei giochi, per il mercato italiano e per quello straniero, quindi so che ogni testata ha un suo pubblico e una sua motivazione.
Perché dovrebbero acquistare “LA SETTIMANA PAZZA”?
L’intuizione è nata dall’osservazione dei social network e dei talk show televisivi: la gente è stanca di essere presa in giro, non vuole più sentirsi dire che tutto sommato va bene o che un politico è meglio o peggio degli altri. Vuole risposte precise e vuole avere notizie vere e non fake news. Ecco l’idea: il settimanale “per il popolo che non ce la fa più”.
Ho sottoposto la mia idea all’editore che l’ha subito accolta e abbiamo iniziato a rimodulare la rivista togliendo un po’ di spettacolo e aumentando la politica e l’economia. Il focus era sulle notizie nascoste, quelle che i quotidiani o i siti internet tendono a mettere in secondo piano perché devono seguire l’attualità o la cronaca del momento. 

 

L’indipendenza dalla politica e solo la verità
Quindi un approfondimento diverso, dalla parte del popolo, un’informazione arrabbiata, indignata, ma soprattutto apolitica. Chi acquista “Panorama” sa già chi sarà il nemico e di chi è la colpa della situazione economica degli italiani, idem chi acquista “Libero”, “Il Tempo” o altri. Chi acquistava “LA SETTIMANA PAZZA”, invece, trovava che il M5S o la Lega o il Pd o Forza Italia o altri sbagliavano come facevano cose buone, non facevamo il tifo per qualcuno né davamo contro qualcuno per partito preso.
La fortuna era che l’editore non aveva interessi politici, né li avevo e li ho io e questo ha portato alla seconda intuizione: segnalare in modo ben visibile sulla testata “Noi non prendiamo finanziamenti pubblici”. Il che è vero, ma è soprattutto un segno distintivo del brand.

 

La settimana Pazza 3Come presentare le notizie. Il linguaggio
Appurato che eravamo dalla parte di chi ci legge e non di chi ci governa, il passaggio successivo era la selezione delle notizie e il modo in cui venivano presentate
Anche in questo caso l’esperienza ha contato. Ho iniziato con i quotidiani (Il Messaggero, La Gazzetta dello sport, Il Mattino ecc.) e nei decenni di lavoro nell’editoria periodica da edicola ho affinato il modo in cui presentare una certa notizia: un conto è scrivere per un giornale che esiste da decenni e che la gente compra a prescindere, un altro è realizzare un giornale che comincia ora e che il lettore deve scegliere fra decine di concorrenti. Sì, l’esperienza conta, non è qualcosa che si può imparare in una scuola o in un master. E questo vale per il mondo tradizionale e per quello digitale.
Il che non vuol dire forzare la mano, inventare falsi scoop o dare fake news come vere (come accade, purtroppo, nel mondo dell’informazione digitale). No, quando parlo di esperienza, intendo il riuscire ad individuare quelle notizie un po’ nascoste che però possono avere un forte interesse se avessero una risonanza maggiore. Sul terzo numero, per fare un esempio, la notizia che a un dipendente veniva detratto il 55,1% di tasse dalla busta paga era già uscita, ma era apparsa solo in un trafiletto, in mezzo a tante altre. Noi l’abbiamo messa in prima pagina, sparata forte. Non abbiamo né inventato, né forzato: la notizia era quella ma una delle leggi della comunicazione è che se nessuno conosce la notizia, la notizia non esiste
Dunque dopo aver negoziato e stipulato i contratti con i fornitori (giornalisti, agenzie di stampa, fotografi ecc.), è partita la ricerca al tipo di notizie da selezionare e al modo in cui presentarle.
Ho fatto diverse ipotesi ma tutte con una idea di fondo: il titolo doveva essere “colloquiale”, non formale, bensì un titolo che avrebbe potuto scriverlo anche chi leggeva, perché in quel titolo trovava esattamente il suo stato d’animo. Un esempio, preso da un articolo a caso (sul numero 2): la notizia è che le auto blu di Stato sono tornate a crescere dopo anni in cui erano state tagliate. 
I titoli devono essere forti a prescindere su qualunque media, ma non per impressionare o per chissà quale motivo. Devono essere forti perché forte è la notizia. Se la notizia non c’è o non è forte, allora puoi fare tutti i titoli che vuoi seguendo le regole della persuasione, ma non impressionerà nessuno.

 

La redazione
Nonostante i mesi di lavoro, la natura de “LA SETTIMANA PAZZA” era quella di un esperimento e quindi fare un investimento massiccio non avrebbe avuto senso. Dunque, non ho assunto delle persone, ma per il primo periodo mi sono sacrificato di più io lavorando più di dodici-tredici ore al giorno. Per fortuna per me non è mai un problema lavorare tanto (in quel periodo oltre al settimanale c’erano anche i mensili “TUTTO” e “NUOVISSIMO GOSSIP”) e in questo mi hanno aiutato le mie capacità nel giornalismo, nell’impaginazione grafica, nella lavorazione delle foto, e tutto il know how in questo campo, ma anche alcune tecniche di Project Management. Ad esempio, il Critical Path method (scopri qui cos’è) è stato essenziale, così come altre tecniche come il Persona, le User stories, il PMplan e così via.
Sono sincero, ho la fortuna di fare un lavoro che amo e per me questo resta sempre il gioco che facevo quando ero bambino, quindi non mi pesa e anzi, lanciare un giornale (e questo era il numero 39 in carriera, poi ne sono arrivati anche altri) è sempre una grande soddisfazione.
Però non ho fatto tutto da solo, per la scrittura di molti articoli ho puntato sui miei collaboratori storici con cui lavoro da anni.  

 

La promozione
Il punto dolente che però non rientrava nelle mie competenze perché della promozione se ne occupava direttamente l’editore e il suo staff. Realizzata la rivista, questa ovviamente andava fatta conoscere con una campagna promozionale massiccia. Un prodotto del genere aveva molti rischi (il formato rivoluzionario, la novità, il periodo storico, i social network) e quindi doveva prima di tutto essere presentato in un certo modo. Servivano passaggi in tv, ospitate nei talk show, organizzazione di eventi locali, locandine da esporre fuori all’edicola, insomma, tutta una serie di iniziative che presentassero il prodotto ai lettori. Spesso il lancio promozionale ha costi molto maggiori della realizzazione redazionale.
La scelta dell’editore, invece, fu quella di puntare solo sui social network con post sponsorizzati su Instagram e Facebook. Ho provato a spiegare all’editore che non era quella la strada giusta e che i social potevano essere solo un modo per far parlare le persone del prodotto ma non per spingerle ad acquistarle, ma lui ha preferito continuare su questa strada.

 

Il nome della testata
Uno dei primi motivi di contrasto con l’editore fu la scelta del nome che lui aveva deciso sin dall’inizio. Il mio ragionamento era «Se mettiamo in prima pagina un articolo in cui attacchiamo i politici e poi all’interno facciamo un giornale anche di denuncia sociale, che senso ha chiamarlo “Settimana Pazza”?». Quando realizzo un progetto mi metto sempre nei panni del lettore e io, personalmente, da un giornale che si chiama così mi aspetto altro: barzellette, giochi, scherzi, notizie strane, non politica, cronaca o anche il gossip.
Ricordo che uno dei commenti sui social era “Il nome del giornale è già tutto un programma”. Il nome della testata va scelto con cura perché è il biglietto da visita per ciò che ci sarà scritto all’interno. Dà anche autorevolezza e quel nome non lo dava affatto. 

 

Il risultato
Non andò bene per una serie di motivi: il nome non coerente con i contenuti, la promozione sui social che non portò nessuno ad andare in edicola e, soprattutto, il comportamento degli edicolanti che misero il giornale insieme a quelli del Lotto che solitamente si trovano alle loro spalle. Quindi, o il cliente chiedeva la testata o l’occasionale non l’avrebbe mai visto. 
In compenso, i feedback di chi leggeva il giornale erano tutti positivi.

 

UN ANNO DOPO: LA SETTIMANA ITALIANA
A fine dicembre 2019, l’editore decise di riprovarci cambiando il nome della testata. La rivista all’interno rimase più o meno la stessa, seppur venendo rimodulati alcuni temi (meno giochi e curiosità, ad esempio, e più attualità). Le uniche vere differenze furono il nome della testata, che diventava “La Settimana Italiana”, e la promozione: ai soliti post sponsorizzati sui social network si aggiunsero le pagine di pubblicità su alcuni quotidiani (Il Giornale, Libero, Fatto Quotidiano ecc.).
Il risultato, però, è stato simile al precedente soprattutto per via dell’avvento del Coronavirus. Il lancio della rivista, infatti, era stabilito per il 13 febbraio e nonostante avessi avvisato l’editore già a metà gennaio che nelle settimane successive sarebbe potuto succedere qualcosa di simile a ciò che stava avvenendo a Wuhan (Cina) con milioni di persone in lockdown. Il mio suggerimento fu quello di aspettare qualche settimana per vedere cosa sarebbe successo e valutare un lancio più avanti. L’editore invece decise di andare avanti con la data stabilita. Purtroppo arrivammo in edicola esattamente in quei giorni convulsi, un periodo disgraziato per tutto il mondo e “La Settimana Italiana”, pur ottenendo risultati migliori, non riuscì ad avere il lancio che avrebbe meritato.
Ecco la rivista in pdf.

 

Foto: nightowl (Pixabay)